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Le Marmitte dei Giganti

Le Marmitte dei Giganti

All’altezza dell'abitato di San Lazzaro di Fossombrone (PU), il Fiume Metauro inizia a percorrere una suggestiva e stretta forra  affacciandosi dal ponte di Diocleziano che la sovrasta, si osservano scolpiti sul calcare enormi cavità cilindriche, le cosiddette "Marmitte dei Giganti”.

La geologia

Le Marmitte dei giganti

energia, turbolenza, evorsione

Nell'attraversare la dorsale anticlinalica(glossario) dei Monti della Cesana, all’altezza dell'abitato di San Lazzaro di Fossombrone (PU), il Fiume Metauro inizia a percorrere per circa 500 m una suggestiva e stretta forra (Fig. 1) incisa nei calcari selciferi mesozoici della Formazione della Maiolica (glossario) a giacitura suborizzontale.

Le piccole e sporadiche spiagge ghiaiose e ciottolose che proteggono la base del rilievo vengono facilmente rimosse e superate dalle onde durante le mareggiate più forti. I costoni rocciosi meno protetti sono invece direttamente attaccati dalle onde (Fig.2).

Fig. 1 – La forra di San Lazzaro e il ponte di Diocleziano

Affacciandosi dal ponte di Diocleziano che sovrasta la forra, si osservano scolpiti sul calcare enormi cavità cilindriche, le cosiddette "Marmitte dei Giganti” (Fig. 2), tanto sviluppate da essere segnalate come sito di interesse turistico-naturalistico e tra i geositi più affascinanti della Regione Marche.

Ma come si sono formate? Il percorso tranquillo e coerente del corso d’acqua, improvvisamente si modifica per un breve tratto, attraversando rocce più resistenti. L’azione vorticosa, veloce e intermittente della corrente, costretta ad attraversare la stretta e profonda forra, genera morfosculture fluviali, subcircolari e profonde: le Marmitte dei Giganti. Il moto turbolento dell’acqua a contatto col fondo o con le pareti fa roteare i ciottoli trasportati dalla corrente che esercitano una potente azione abrasiva. L’insistere di vortici in uno stesso punto crea piccole concavità che rappresentano gli embrioni delle future marmitte; proseguendo l’azione di trapanazione, la corrente carica di ciottoli incrementa le dimensioni della marmitta fino a farle assumere anche dimensioni notevoli.

Fig. 2 – La forra di San Lazzaro e le Marmitte dei Giganti viste dal ponte di Diocleziano

La forma si estingue con l’apertura di varchi nelle pareti o per un eccessivo approfondimento in seguito al quale i ciottoli vengono intrappolati nel fondo della marmitta. Si forma così un pavimento ghiaioso che rende inefficace l’azione erosiva.

Le marmitte sotto il ponte di Diocleziano sono particolarmente ben sviluppate, infatti si sono potute produrre e preservare grazie all’alta velocità e turbolenza della corrente fluviale durante le fasi di piena e alla notevole durezza dei calcari della Maiolica. Sulla sponda sinistra, guardando a valle, sono presenti le marmitte maggiori caratterizzate da un diametro che raggiunge i tre metri; leggermente più a monte compaiono varie forme minori di diametro inferiore. A quote più elevate, sulle pareti della forra, si osservano numerose concavità, che possono essere almeno in parte considerate come “paleo-marmitte”, quasi completamente smantellate dal progredire dell’erosione fluviale (Fig. 3a e 3b).

Fig. 3a – Marmitte non più attive

Fig. 3b – Marmitte non più attive

Questo sito nasconde anche una curiosa particolarità: sepolta dalle alluvioni di sinistra del Metauro è presente una strettissima ma profonda incisione nella Formazione della Maiolica che si estende per circa 3 km da San Lazzaro a Fossombrone (Fig. 4). La scoperta è avvenuta in occasione di uno studio geologico per cercare di risolvere il problema della l'ingente infiltrazione d'acqua nella galleria di derivazione della diga costruita nel 1956 a circa 500 m a monte dell'attuale forra. La profonda incisione sepolta, impostata sui medesimi terreni, rappresenta una forra fossile del tutto simile all'attuale in ampiezza e profondità.

Fig. 4 – Sezione geologica che evidenzia la paleo-forra

La forra sepolta esprime un antico tracciato del Metauro ed è stata modellata in climi simili all'attuale o più freschi, circa 100.000 anni fa, nel Pleistocene superiore. Successivamente, a causa del raffreddamento climatico dell'ultimo evento glaciale (seconda parte del Pleistocene superiore), fu colmata dai sedimenti fluviali. La forra attuale è stata invece scavata durante la fase di incisione olocenica come conseguenza del ripristino di condizioni climatiche temperate. L'approfondimento olocenico si sarebbe cosi attuato nella posizione che l'alveo possedeva al momento della ripresa dell’attività erosiva, posizione differente rispetto all'antico percorso sepolto. 

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