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La grotta della Beata Vergine di Frasassi

La grotta della Beata Vergine di Frasassi

La Gola di Frasassi è una profonda e stretta valle formata dal Fiume Sentino, nota per le sue famose grotte carsiche. La Grotta della Beata Vergine, che vi si trova all’interno è una cavità naturale molto rilevante dal punto di vista archeologico in quanto interessata da una prolungata frequentazione dell’uomo in varie epoche protostoriche e storiche. Qui troviamo  due luoghi di culto cristiani, l’eremo rupestre di  di Santa Maria infra Saxa e la chiesa-santuario a pianta ottagonale su probabile disegno dell’architetto Giuseppe Valadier, situato nell’androne dell’ingresso principale della grotta.

La geologia

La grotta della Beata Vergine di Frasassi

carsismo, madre, pianto della terra, ri-nascita

 

Ci troviamo nella Gola di Frasassi (Fig. 1), una profonda e stretta valle formata dal Fiume Sentino, nota per le sue famose grotte carsiche. I rilievi circostanti sono in prevalenza costituiti da calcare, una roccia sedimentaria composta essenzialmente da carbonato di calcio. Quest’ultimo, insolubile, se viene a contatto con le acque piovane, acidulate dall’anidride carbonica presente nell’aria e nel suolo, si trasforma in bicarbonato di calcio, solubile. Si avvia quindi un processo di speleogenesi, ovvero la corrosione del calcare e la formazione di cavità che progressivamente evolvono in grotte anche di notevoli dimensioni. Questo processo viene accelerato dalla presenza di acido solfidrico legata alla risalita di acque relativamente profonde, ricche in solfati. Le acque piovane che si infiltrano nella roccia e le acque che risalgono dalle profondità si mescolano tra loro e confluiscono nella falda sotterranea alimentata dal Fiume Sentino. Testimonianza di tale risalita sono le sorgenti solfuree in parte visibili sulla sponda destra del Sentino vicino all'ingresso turistico della Grotta Grande del Vento e utilizzate negli stabilimenti termali di San Vittore di Genga.

La grotta della Beata Vergine di Frasassi carsismo, madre, pianto della terra, ri-nascita Ci troviamo nella Gola di Frasassi (Fig. 1), una profonda e stretta valle formata dal Fiume Sentino, nota per le sue famose grotte carsiche. I rilievi circostanti sono in prevalenza costituiti da calcare, una roccia sedimentaria composta essenzialmente da carbonato di calcio. Quest’ultimo, insolubile, se viene a contatto con le acque piovane, acidulate dall’anidride carbonica presente nell’aria e nel suolo, si trasforma in bicarbonato di calcio, solubile. Si avvia quindi un processo di speleogenesi, ovvero la corrosione del calcare e la formazione di cavità che progressivamente evolvono in grotte anche di notevoli dimensioni. Questo processo viene accelerato dalla presenza di acido solfidrico legata alla risalita di acque relativamente profonde, ricche in solfati. Le acque piovane che si infiltrano nella roccia e le acque che risalgono dalle profondità si mescolano tra loro e confluiscono nella falda sotterranea alimentata dal Fiume Sentino. Testimonianza di tale risalita sono le sorgenti solfuree in parte visibili sulla sponda destra del Sentino vicino all'ingresso turistico della Grotta Grande del Vento e utilizzate negli stabilimenti termali di San Vittore di Genga.

Le discontinuità della roccia, rappresentate dalle fratture e dalle stratificazioni, costituiscono le vie preferenziali per il movimento e l’azione di queste acque, favorendo la formazione di grotte dalle intricate morfologie. Il livello della falda coincide con quello del fiume ma il sollevamento tettonico del territorio determina l’abbassamento relativo della quota del fiume e il conseguente abbassamento della falda freatica. L’acqua quindi abbandona le cavità nelle quali iniziano a formarsi le stalattiti, le stalagmiti e le altre concrezioni calcaree; la falda raggiunge livelli più profondi nei quali inizia un nuovo processo di speleogenesi. Il risultato finale è la creazione di cavità disposte su piani sovrapposti.

La Grotta della Beata Vergine, che si trova all’interno della gola di Frasassi, è una cavità naturale molto rilevante dal punto di vista archeologico in quanto interessata da una prolungata frequentazione dell’uomo in varie epoche protostoriche e storiche. Ubicata sul versante sinistro della gola (venendo da Genga), alla quota di 319 m slm e a 110 m sopra il livello attuale del Fiume Sentino, si presenta con una maestosa volta d’ingresso sulla parete calcarea; fa parte del complesso carsico della Grotta del Mezzogiorno il cui ingresso si apre a ca. 490 m slm sulla balza rocciosa del versante sudorientale del Monte di Frasassi (Fig. 2).

Fig. 2 – Schema semplificato dei sistemi sotterranei delle Gole di Frasassi (Menichetti e Salvatori, 1999)

Il nome della grotta deriva dalla presenza di due luoghi di culto cristiani, l’eremo rupestre di monache benedettine di clausura di Santa Maria infra Saxa (Fig. 3), eretto anteriormente al 1029, addossato alla parete esterna meridionale della grotta e la chiesa-santuario a pianta ottagonale (Fig. 4a) fatta costruire nel 1828 da papa Leone XII (Annibale della Genga) su probabile disegno dell’architetto Giuseppe Valadier, situato nell’androne dell’ingresso principale della grotta, spianato e ingrandito per l’edificazione della chiesa ottocentesca. All’interno della chiesa, sull'altare in alabastro, è collocata una copia della statua della Vergine con Bambino in marmo bianco di Carrara, attribuibile al Canova (Fig. 4b).

Fig. 3 – Eremo di Santa Maria infra Saxa

Fig. 4a – Chiesa santuario del Valadier

Fig. 4b - Originale della scultura del Canova (XIX sec.), Museo di Genga.

La rimozione dei sedimenti che riempivano l’androne d’ingresso della grotta per un’altezza di circa 8-10 m, ha prodotto l’inevitabile distruzione sia dei depositi terrazzati di origine fluviale di età medio-pleistocenica, sia dei sovrastanti depositi con tracce di frequentazione antropica di età olocenica (Fig. 5a). I livelli alluvionali rappresentano i lembi di una antica piana fluviale, testimone del grande fiume che lambiva la grotta, più di 250.000 anni fa. Sopra questi, su detriti di falda più recenti è stata ritrovata la Venere di Frasassi (Fig. 5b), una statuetta alta poco più di 8 centimetri, realizzata incidendo una stalattite. Ritrovata nel 2007 durante un sopralluogo archeologico all’interno della grotta, per stile e proporzioni rientra nella tipologia delle Veneri del Gravettiano, un periodo che inizia circa 28 mila anni fa e termina 20 mila anni fa; i dati morfostratigrafici permettono di stabilire comunque un’età pre-olocenica. Dunque una lunga e discontinua frequentazione umana che prosegue fino a tutta l’età del Bronzo con una sporadica attestazione anche nella prima età del Ferro (circa 3000 anni fa). I reperti ritrovati, tra cui un pugnale e un bottone in pasta vitrea, suggeriscono una probabile funzione votiva e cultuale della grotta, ma la loro imprecisa localizzazione non ne determina l’esatta posizione stratigrafica e quindi neppure una loro più definita determinazione cronologica.

Più recentemente, in età tardo antica e alto medioevale, la grotta ebbe anche una funzione funeraria: è stata infatti ritrovata una vera e propria necropoli che si estendeva nella zona dell’androne, svuotato successivamente dai lavori di sterro per la costruzione della chiesa.

Il cosiddetto “Tempio del Valadier” è interamente di travertino, con una cupola ricoperta in piombo. L’ingresso originario del complesso carsico era più basso e stretto dell’attuale, come dimostrano documenti precedenti alla costruzione dell’edificio; l’originario piano dell’ingresso alla grotta è stato infatti abbassato per poter realizzare un’ampia superficie piana dove poter erigere l’edificio sacro. Lo scavo ha determinato un gradone artificiale retrostante, una sorta di anfiteatro ora terrazzato e delimitato da muretti a secco (Fig. 5a).

Fig. 5a – Androne retrostante il Tempio del Valadier, con muretti a secco. Si noti il contatto dei sedimenti di riempimento della grotta con la sovrastante roccia calcarea

Fig. 5b - Venere di Frasassi conservata nel Museo Archeologico delle Marche.

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